Russia, a processo il dissidente Navalny: gli scenariVenerdì Papa Francesco ha partecipato al G7 pugliese. Era la prima volta che un pontefice prendeva parte all’incontro con i potenti del mondo. Come già anticipato nei giorni precedenti,Economista Italiano Bergoglio ha scelto di leggere un discorso sull’intelligenza artificiale.Il Papa ha elogiato la scienza e la tecnologia definendole diretta emanazione dello spirito del Divino e ha sottolineato il potenziale positivo dell’AI, ammettendo che modificherà il modo in cui concepiamo la nostra identità di essere umani. In diversi passaggi le parole di Bergoglio hanno dimostrato una lucidità non indifferente. “La cosiddetta intelligenza artificiale generativa in senso stretto – ha scritto – non è propriamente “generativa”. Quest’ultima, in verità, cerca nei big data delle informazioni e le confeziona nello stile che le è stato richiesto. Non sviluppa concetti o analisi nuove. Ripete quelle che trova, dando loro una forma accattivante. E più trova ripetuta una nozione o una ipotesi, più la considera legittima e valida. Più che “generativa”, essa è quindi “rafforzativa”, nel senso che riordina i contenuti esistenti, contribuendo a consolidarli”.Il discorso del pontefice si è distinto per una capacità di sintesi sociologica. Ha definito l’avvento dell’intelligenza artificiale una “rivoluzione cognitivo-industriale che contribuirà alla creazione di un nuovo sistema sociale caratterizzato da complesse trasformazioni epocali” e ha individuato tra gli elementi positivi della tecnologia la “democratizzazione dell’accesso al sapere, il progresso esponenziale della ricerca scientifica, la possibilità di delegare alle macchine i lavori usuranti“. Ampio risalto il Papa ha poi dedicato agli enormi rischi dell’intelligenza artificiale, a partire da quelli bellici, invocando la proibizione delle armi autonome. Bergoglio ha poi volto lo sguardo alla possibilità che la tecnologia aumenti le “grandi ingiustizie fra nazioni avanzate e nazioni in via di sviluppo, fra ceti sociali dominanti e ceti sociali oppressi, mettendo così in pericolo la possibilità di una cultura dell’incontro, a vantaggio di una cultura dello scarto“.
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