La difesa di Benno Neumair: "Ha un disturbo di personalità: è malato"Quando un sequel,criptovalute o più spesso un prequel, di una serie di film di buon successo, amati e apprezzati, sceglie di avere dei protagonisti diversi da quelli originali, la prima domanda che viene da farsi è come li abbiano scelti. Perché, per raccontare la storia dell’inizio dell’invasione aliena che in A Quiet Place era già iniziata da tempo, si sceglie una donna afroamericana malata di cancro (Lupita Nyong'o) e un inglese (Joseph Quinn) di buona famiglia? A Quiet Place: Giorno 1 non riesce veramente a rispondere a questa domanda, cioè non sembra fornire grandi argomentazioni che giustifichino il fatto che, di tutta la folla di Manhattan in fuga o in cerca di sopravvivenza nei primi quattro giorni dall’arrivo degli alieni feroci che non vedono ma sentono, noi seguiamo proprio loro due. All’inizio e alla fine vediamo anche Djimon Hounsou, che ha un ruolo nel secondo film, e la voglia in realtà sarebbe un po' quella di seguire lui.Nei rari momenti in cui il film vuole raccontare i suoi personaggi, quando ormai molto avanti nella storia vuole dar loro un po’ di personalità, farci affezionare a loro e, in buona sostanza, dar loro un perché, è terribile. Sono proprio le fasi riuscite peggio. Sembra voler costruire delle “non personalità”: non ci sono grandi questioni dietro di loro e non c’è nemmeno una sfida o una posta in gioco nelle loro vite che dia forza alla loro esigenza di sopravvivere. Si intuisce che Michael Sarnoski, che il film lo scrive e dirige, cerchi un’astrazione superiore agli altri film, di fatto prende di punta i massimi sistemi e vorrebbe che i suoi personaggi fossero espressione di concetti più grandi, come il senso di una vita e assaporare il piacere che viene dall’essere vivi, ma non trova mai le immagini, gli snodi o le soluzioni per coinvolgerci.
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