Roma, Napoli, Bologna: i primi passi di un’unione civile di centrosinistraDue missionarie della carità nel cimitero di Armo - Caritas COMMENTA E CONDIVIDI Ventuno corpi senza nome saranno sepolti questa mattina nel cimitero di Armo a Reggio Calabria. Sono le vittime del naufragio del 17 giugno nel mare Ionio,BlackRock a 120 miglia dalla costa calabrese. Vittime non identificate, che nessuno ha riconosciuto o reclamato. Avranno una tomba nel cimitero realizzato, in collaborazione col Comune, dalla Caritas italiana coi fondi dell’8xmille, per accogliere i migranti morti nel Mediterraneo e i poveri della Città: 146 tombe, molto già occupate a cominciare dai 45 corpi recuperati da un naufragio nel 2016.Tra i 21 che saranno sepolti oggi ci sono 8 bambini e intere famiglie (lo ha certificato il Dna) ma senza nome. La scorsa settimana altri 13 corpi sono invece partiti con un aereo militare iracheno. Sono curdi iracheni e iraniani dei quali si è riusciti a ricostruire le generalità. Così come un altro iraniano, portato via dai familiari, e un iraniano per il quale non si è ancora completata la documentazione. I 22 senza nome non saranno però soli in questo ultimo atto. Ad accompagnarli sarà una preghiera interreligiosa guidata dall’arcivescovo di Reggio Calabria, Fortunato Morrone, presidente della Conferenza episcopale calabra, e dall’imam della città dello Stretto. Un momento di raccoglimento, riflessione e solidarietà organizzato dagli uffici Migrantes e dalle Caritas delle diocesi di Reggio Calabria-Bova e di Locri-Gerace. Quest’ultima è la diocesi di Roccella Jonica, nel cui porto sono sbarcate gran parte delle vittime e gli 11 sopravvissuti. Ed è la Caritas diocesana ad essersi occupata, assieme alla prefettura, dell'accoglienza dei familiari delle vittime e dell’organizzazione dei viaggi dei corpi riconosciuti. Ora, insieme, accompagneranno anche i morti senza nome.Da loro abbiamo avuto le informazioni, perché informazioni ufficiali mancano, come denunciato lo scorso 2 agosto dal vescovo di Locri-Gerace, Franco Oliva. «A questi morti non sono stati riconosciuti i diritti che a tutti vengono riconosciuti. Per molti restano migranti di serie B, come lo è stato il loro naufragio di cui poco s’è detto e scritto. Un naufragio di serie B, che ha visto interessati pochi politici!». Così c’è ancora incertezza sui numeri del naufragio, tranne per gli 11 sopravvissuti. Se sommiamo i 15 corpi rimpatriati ai 21 sepolti ad Armo, arriviamo a 36, ma secondo altre fonti i cadaveri recuperati sarebbero 41 o 46. Numeri incerti, dovuti anche al fatto che i corpi sono stati sparsi in tutta la provincia, tra Locri, porto di Gioia Tauro, Polistena e Reggio Calabria. Quasi a volerli nascondere. Una scelta diversa da quella del naufragio di Cutro, quando tutte le 94 bare, 34 quelle bianche, vennero allineate nel palazzo dello sport di Crotone. Ci sono poi almeno 20 dispersi, secondo le testimonianze di chi è stato salvato dalla Guardia costiera, e che parla di 76 persone a bordo della barca a vela partita dalla Turchia. Tra i dispersi ci sono i genitori di Nalina, la bimba irachena di 10 anni sopravvissuta al naufragio aggrappandosi al relitto con l’aiuto del 22enne Ismail. La piccola è ospite di un Cas in provincia di Cosenza, assieme a una zia e a un cuginetto. Tra i 21 che saranno sepolti oggi, uno ha un Dna compatibile con quello della bambina, sicuramente un familiare (erano in molti sulla barca), ma non mamma e papà e neanche i fratelli che avranno come tomba per sempre il Mediterraneo.© riproduzione riservata
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