Franco Di Mare: le reazioni dell'ad Rai e dell'InailDue anni e mezzo dopo aver subito la sconfitta con il maggior scarto nella storia del campionato (152-79 dai Memphis Economista ItalianoGrizzlies), la ricostruzione mirata della squadra, fondata sui giovani, ha portato al primo posto a Ovest al termine della stagione regolare. Con un’età media di 23,9 anni e grandi prospettive di crescita 2 dicembre 2021: i Memphis Grizzlies nella notte affrontano gli Oklahoma City Thunder e vanno via dal campo vincitori, con il punteggio roboante di 152-79, un clamoroso +73 di divario. I Thunder subiscono così la sconfitta dal più largo margine non solo della storia della franchigia, ma in assoluto nella storia dell’intera Lega. È il punto più basso dell’intero processo di costruzione della squadra messo in piedi dal general manager e vice presidente esecutivo Sam Presti, messo in discussione ancora più di quanto non lo fosse già.Una ricostruzione che prendeva ispirazione dalle strategie dei Celtics (per l’accumulo di asset) e dei Sixers (per l’accumulo di sconfitte volute, così da scivolare indietro in classifica e avere più chances di scelte d’alto livello ai draft successivi), aumentando le possibilità di trovare campioni in grado di proiettare la squadra al vertice per tanti anni e condurla al trionfo, in una versione più fortunata e durevole del terzetto Durant-Westbrook-Harden, a cui mancò l’happy end, con una finale persa nel 2012 contro i Miami Heat, prima della separazione e una maturazione individuale arrivata per i tre sotto diverse bandiere.La visione di un dirigente arrivato nella NBA giovanissimo e già mostratosi abile nello scouting dei talenti al draft seduto alle scrivanie degli Spurs, dei Sonics e agli stessi Thunder, dove si scontrava però con una realtà fatta di poca concretezza a fronte delle tante speranze, l’accusa più serie mossa dai suoi detrattori, convinti che la squadra stesse solamente inseguendo un’utopia. CulturaL’ascesa di un divo riluttante. Il banale dominio di Nikola JokićDove siamo oggiSalto in avanti di 3 anni, al 12 gennaio 2024: gli avversari nella nottata dei Thunder sono i Portland Trail Blazers, e anche in questa occasione il punteggio ha proporzioni incredibili. Il tabellone a fine gara recita 139-77, con un’altra sbalorditiva differenza di 62 punti, il quinto margine maggiore nella storia della NBA. Un altro ingresso nella storia di Oklahoma City, stavolta dalla porta giusta, scrivendo una pagina felice: rappresenta difatti la vittoria dallo scarto più alto del team, perfetto specchio dell’evoluzione compiuta in questo arco di tempo.E in questa trionfale occasione, così come nell’infausta precedente, in squadra ci sono coach Mark Daigneault e Shai Gilgeous-Alexander (infortunato però contro i Grizzlies), i due volti più importanti della franchigia appena diventata, dopo una regular season livellata fino all’ultimo giorno, la capolista nella Western Conference, scippando il primo posto assoluto a Ovest ai campioni in carica dei Denver Nuggets e diventando la squadra più giovane della storia, con 23.9 anni di media per i suoi componenti, a partire con la testa di serie numero 1 ai playoff. Con un allenatore entrato in NBA quando era il più giovane coach della Lega, attualmente il terzo in assoluto per età, a distinguersi nel tempo come mente brillante, con quella che sembra presentarsi come una lunga carriera davanti, tanto da prendersi i complimenti di LeBron James, di due anni più anziano rispetto a Daigneault (39 anni a 37), candidato al premio di coach dell’anno. Così come è candidato a un premio importante, quello di MVP stagionale, il 25enne Gilgeous-Alexander, arrivato alla sua seconda stagione tra i pro a Oklahoma City come contropartita per la stella Paul George, un investimento chiuso nell’ambito della ricostruzione di Presti: guardia canadese dalle lunghe leve, si distingue per il suo modo di giocare old style rispetto ai pariruolo attuali, meno legato al tiro da 3 punti e maggiormente a penetrazioni e jumper, oltre a un impegno difensivo di prim’ordine.Un fior di esordienteE parlando di difesa non si può che pensare al 21enne Chet Holmgren: alla sua prima annata sportiva di pallacanestro NBA giocata dopo essere stato scelto al draft del 2022 ma senza scendere in campo per infortunio nella scorsa stagione, con i suoi 216 centimetri e la sua versatilità (anche offensiva) sta contendendo il premio di rookie dell’anno e di difensore dell’anno al fenomenale francese Victor Wembanyama, fatto già di per séstraordinario. Aggiungendo il 23enne Jalen Williams spesso decisivo nei finali e gli altri due superstiti nel roster di quello scivolone contro i Grizzlies (insieme alla riserva Aaron Wiggins), ovvero il 24enne stopper difensivo Lu Dort e il 21enne playmaker australiano Josh Giddey, il capitale umano per un futuro radioso sembra esserci: e aggiungendo anche tutti gli asset ancora a disposizione, i dubbi sulla strategia a lungo termine di Presti sono sempre meno e quell’utopia sembra essere sempre più realizzabile. © Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediMarco A. Munno
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