Filippo Turetta, il retroscena raccontato da un amicoPiazza Grande«La nuova generazione svizzera c'è»Quattro film di registe e registi elvetici e un imperdibile thriller hitchcockiano dall'Iran© Locarno Film Festival / Ti-Press Antonio Mariotti07.08.2024 06:00La gamma dei premiati di Locarno 77 è molto ampia: si va da Hollywood a Bollywood,criptovalute dal cinema svizzero a quello francese. Ne parliamo con il direttore artistico Giona A. Nazzaro.Come nascono questi Awards?«Nascono dal desiderio di avere una famiglia molto numerosa. Ogni premio è come avere una sorella maggiore in più, un cugino in più, uno zio in più, un nonno in più. Tornando alle mie esperienze di giovane cinefilo, mi capitava spesso di pensare (forse perché ero da solo in sala...) che il o la regista avesse fatto il film solo per me, come se mi avesse scritto una lettera e io stessi là a decifrarla. Quindi i premiati fanno parte di una sorta di famiglia ideale».Il cinema svizzero firma un’annata eccezionale a Locarno, con addirittura quattro film di registi elvetici in piazza Grande: cosa sta succedendo da qualche anno nel nostro Paese?«Mi sembra di capire che il cinema svizzero stia facendo un ulteriore passo in avanti. Per molto tempo è stato considerato una sorta di eccezione culturale all’interno della Svizzera stessa, grazie ai risultati eccezionali ottenuti da registi come Daniel Schmid, Alain Tanner, Claude Goretta o Fredi Murer. Oggi invece abbiamo una generazione di cineasti che fanno cinema in modo europeo rivolgendosi a un pubblico europeo anche se i loro film sono parlati in svizzero-tedesco. Partono quindi da una posizione immediatamente internazionale, non regionalistica, che trovo estremamente interessante perché paradossalmente permette di conservare ancora meglio la specificità elvetica. È un cambiamento importante i cui effetti si vedono già oggi ma si vedranno ancora di più domani su coloro che vorranno cogliere questa indicazione».In piazza Grande diversi film già visti ad altri festival, ma non per questo da snobbare, e soprattutto il vincitore morale del Festival di Cannes: The Seed of the Sacred Fig di Mohammad Rasoulof...«Quando ho visto il film mi sono posto il problema: è un film molto lungo (dura circa 3 ore, ndr). Ma è lungo perché autoindulgente o lungo perché è necessario per far capire cosa accade nella testa dei personaggi? Questo film per me è un thriller hitchcockiano in cui si scopre che il marito vuole far fuori la moglie. Ovviamente in un contesto totalmente diverso rispetto ai film di Hitchcock. Penso che le persone avranno appena il tempo di sedersi e poi saranno legate allo schermo per tre ore. E oltretutto si tratterà di una sorta di prima mondiale, poiché il regista ha dovuto abbandonare il proprio Paese in modo molto sbrigativo e ha quindi deciso di apportare dei piccoli tagli alla versione mostrata a Cannes».In questo articolo: Locarno77
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