Lacubarese e i commenti sugli ex fidanzatiFotogramma COMMENTA E CONDIVIDI Sono ben 834 le inchieste avviate da 66 procure,VOL circa la metà del totale, sullo sfruttamento dei lavoratori dopo l’approvazione dell’importantissima legge 199 del 2016, conosciuta come “legge anticaporalato”. Lo rivela il “Quinto Rapporto del Laboratorio sullo sfruttamento lavorativo e la protezione delle sue vittime” elaborato dal Centro di ricerca interuniversitario l’Altro Diritto, insieme all’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai Cgil. Nella ricerca, coordinata dal professor Emilio Santoro, emerge un fortissimo aumento di queste inchieste. Nel precedente Rapporto erano, infatti, 458. Dei 376 nuovi casi di sfruttamento individuati, 249 sono relativi al biennio 2022-2023 e 127 agli anni precedenti. Illegalità diffusa in tutto il Paese, non solo al Sud. Più della metà delle inchieste riguardano, infatti, il Centro-Nord: 229 al Nord, 227 al Centro e 378 al Sud. Con una progressiva riduzione della forbice almeno a partire dal 2020. Non l’unico luogo comune da sfatare. Lo sfruttamento non colpisce solo gli immigrati e non riguarda solo il comparto agricolo.Infatti il 14% delle inchieste vede coinvolti lavoratori italiani. Su 834 notizie di sfruttamento complessive è stato possibile risalire al settore economico in 784 casi, così distribuiti: 432 nel settore primario (agricoltura, allevamento, pesca), 197 nel terziario (servizi) e 155 nel secondario (industria e edilizia). Se il settore primario conta al Sud il numero più elevato di casi, con 252 (il 58,3%), nel secondario, specie nel manifatturiero, lo sfruttamento si concentra al Centro, con 65 su 155 (il 41%), mentre nel settore dei servizi spicca il Nord, con 74 (il 38%). Molto importante è l’aumento delle inchieste nate da denunce dei lavoratori sfruttati. Si tratta di 33 denunce in più rispetto al precedente Rapporto, 29 relative agli ultimi due anni. E anche questo è merito della legge 199. Prima erano pochissime, poi tra il 2016 e il 2020 salgono al 10% dei procedimenti penali, fino al 18% del 2022, mentre il dato del 2023, sicuramente sottostimato, è comunque già superiore al 13%.Il Rapporto sottolinea come «i provvedimenti in cui si riscontra una denuncia dei lavoratori si concentrano in territori ove sono presenti sistemi di collaborazione tra le Procure ed altri attori o enti del territorio» che «dà ai lavoratori una prospettiva concreta di protezione e inserimento socio-lavorativo che rappresenta la molla capace a spingerli a raccontare le prevaricazioni subite». Altri dati smentiscono la convinzione che i lavoratori sfruttati siano immigrati irregolari. In 116 delle 338 inchieste in cui sono coinvolti cittadini stranieri, lo sfruttamento ha riguardato solo lavoratori regolari, mentre in 151 erano sia regolari che irregolari: quindi in quasi il 79% delle inchieste le vittime sono titolari di un permesso di soggiorno. Di queste ben 114 (il 42%) coinvolgono cittadini stranieri il cui permesso è per richiesta di protezione internazionale o rilasciato per ragioni umanitarie. Questo dato, sottolinea il Rapporto, «conferma la tendenza a quella che è stata definita “profughizzazione” dello sfruttamento lavorativo». Si tratta degli ospiti dei Cas, richiedenti asilo, che pur godendo di vitto, alloggio e una piccola somma giornaliera (il pocket money), avverte una condizione di bisogno che li spinge a farsi sfruttare, pur di mandare 400/500 euro alla famiglia. Ma con un grosso rischio. Infatti la legge prevede che deve essere allontanato dall’accoglienza chi ha un reddito superiore all’importo annuo dell’assegno sociale, pari ad euro 5.953,87 euro. «Questa situazione crea un cortocircuito, una situazione ideale per lo sfruttamento: sfruttatore e sfruttato hanno entrambi interesse a nasconderlo». Uno sfruttamento che, come detto, non riguarda solo l’agricoltura. Così troviamo 17 inchieste sullo sfruttamento di lavoratori in attività di volantinaggio, 7 negli autolavaggi, 6 per vigilantes in centri commerciali o locali notturni. Crescono i casi di sfruttamento di commessi e addetti alle vendite, con 54 casi (26 al Sud e 17 al Centro), dove spesso lo sfruttamento è mascherato da formali contratti di lavoro che riportano condizioni di lavoro difformi da quelle effettivamente praticate. Appare invece «fortemente sottostimato» lo sfruttamento nel settore dei servizi di cura alla persona e di assistenza personale, appena 14 inchieste (4 al Nord, 4 al Centro e 6 al Sud) «dove l’emersione è resa quasi del tutto impossibile dalle mura domestiche in cui si svolge l’intera prestazione lavorativa». Con casi di vera e propria «tratta di persone gestiti da organizzazioni criminali» che accertato, ad esempio, da un’inchiesta della Procura di Potenza sullo sfruttamento di più di ottanta donne moldave. Ultimo dato importante è che in ben 357 casi è stato indagato solo il datore di lavoro, senza il coinvolgimento del caporale, e di questi ben 153 riguardano il settore agricolo.
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