Salvini risponde a Zan sul deputato leghista che ha baciato un uomo a MykonosI chatbot basati sull’intelligenza artificiale non sono facilissimi da promuovereUno spot di Google uscito per le Olimpiadi è stato criticato e ritirato,Economista Italiano e alle altre grandi aziende tecnologiche non sta andando molto meglio Condividi CondividiFacebookX (Twitter)EmailWhatsappRegala il Post(Google/YouTube)Caricamento player In occasione delle Olimpiadi di Parigi Google ha realizzato una campagna per pubblicizzare Gemini, cioè la sua versione di ChatGPT. Lo spot in questione, che è stato diffuso negli Stati Uniti e online, è intitolato “Dear Sydney” e racconta di una bambina che sogna di diventare un’atleta professionista e vuole scrivere una lettera al suo idolo sportivo, la statunitense primatista del mondo nei 400 metri a ostacoli Sydney McLaughlin-Levrone. Per aiutarla, suo padre decide di usare l’intelligenza artificiale di Google Gemini, a cui chiede di generare una lettera da spedire alla campionessa: «sono piuttosto bravo con le parole ma questa deve essere davvero perfetta», dice il padre nello spot.Nel giro di pochi giorni la pubblicità ha attirato molte critiche, soprattutto online, tanto che Google l’ha ritirata. Lo spot è stato definito freddo e di scarsa ispirazione perché incoraggiava a delegare a una macchina quelli che dovrebbero essere momenti di vicinanza importanti tra genitori e figli. Come ha scritto il sito TechCrunch, «è difficile pensare a qualcosa che comunichi meno ispirazione che istruire un’AI (intelligenza artificiale, nell’acronimo inglese, ndr) per dire a qualcuno quanto sia fonte di ispirazione». In un comunicato Google ha dichiarato che «nonostante lo spot abbia avuto riscontri positivi prima di essere trasmesso, alla luce dei feedback ricevuti abbiamo deciso di eliminarlo gradualmente dalla nostra programmazione olimpica». La pubblicità è ancora visibile su YouTube con i commenti disattivati.Ma quello di Google non è stato un caso isolato. Altre aziende tecnologiche stanno avendo difficoltà a promuovere i loro servizi di chatbot legati alle intelligenze artificiali, finendo col produrre pubblicità considerate fuorvianti o comunque poco riuscite. Lo scorso giugno Meta (l’azienda di Instagram, Facebook e WhatsApp) pubblicò una pubblicità per Meta AI, la suite di intelligenza artificiale generativa dell’azienda, che fece discutere in modo simile a quella di Google Gemini. Nella pubblicità si vedono alcune persone chiedere al chatbot di preparare «un piano d’allenamento per correre una maratona» o di mostrare quali stelle fossero visibili al telescopio da una specifica località. In una delle scene più discusse, un ragazzo chiede a Meta AI di «immaginare Little Italy (il quartiere italiano di New York, ndr) nel 1954» in modo da mostrare il risultato a suo nonno.Oltre al fatto di fare leva su situazioni di vita che molte persone non vorrebbero delegare alla tecnologia, almeno a livello di principio, questi spot sono stati giudicati discutibili soprattutto perché non mostrano davvero applicazioni nuove ed esclusive. In tutti questi casi, infatti, gli utenti ottengono dalle intelligenze artificiali le stesse risposte che otterrebbero usando un comune motore di ricerca (o un’app per l’osservazione del cielo notturno). Non c’è davvero motivo di chiedere a un’AI di «immaginare Little Italy nel 1954» quando una banale ricerca su Google restituirebbe immagini e video reali. Anche perché, come ha notato il giornalista esperto di tecnologia Max Read, l’immagine generata da Meta AI nella pubblicità non era certo migliore di una qualsiasi fotografia disponibile online.Un’altra grande azienda tecnologica che ha puntato molto sulle AI è Microsoft, che sempre in vista delle Olimpiadi ha promosso il suo chatbot Copilot con uno spot che spiega come possa aiutare aspiranti atleti di ogni età a prepararsi e allenarsi. In una di queste scene, un utente chiede all’AI di «analizzare i dati sulla mia frequenza cardiaca», anche se finora i molti tentativi fatti da aziende e startup per creare chatbot in grado di dare assistenza medica non hanno dato i risultati sperati. Questi sistemi sono infatti noti per fare errori imprevedibili, detti “allucinazioni”, che con utilizzi come questo potrebbero avere conseguenze gravi per la salute degli utenti.Il fatto che tre delle aziende più ricche del mondo, e tra le più creative in fatto di marketing, abbiano avuto lo stesso problema non è una coincidenza. L’intero settore tecnologico è alle prese con le conseguenze delle grandi aspettative nate attorno alle intelligenze artificiali nell’ultimo anno e mezzo, e in particolare dal successo inaspettato di ChatGPT. Clamore mediatico e finanziario a parte, però, le applicazioni concrete di questi strumenti si stanno rivelando meno entusiasmanti del previsto, con ripercussioni anche nel mercato azionario, che negli ultimi mesi si è gonfiato seguendo aspettative di crescita insostenibili per il settore.In più le cose in cui questi chatbot possono davvero tornare utili (come la creazione di immagini, testi e video in pochi secondi) sono anche quelle che espongono le aziende alle maggiori critiche e accuse. Lo stesso succede con le applicazioni più diffuse delle AI, come la scrittura di mail di lavoro o la stesura di codice informatico, che non a caso non compaiono in queste pubblicità. Fare uno spot su un chatbot che scrive codice al posto di un programmatore esporrebbe infatti le aziende del settore al dibattito sul futuro di alcune professioni. Lo stesso avviene anche con l’utilizzo dei chatbot da parte degli studenti, che rischia di inquadrare queste tecnologie come strumenti per imbrogliare o copiare a scuola.Tag: ai-chatbot-google-intelligenze artificiali-meta-microsoft-pubblicitàMostra i commenti
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