Tommaso Luzzi, disposta archiviazione procedimento penaleNadia Battocletti a fine gara - Ansa/Ciro Fusco COMMENTA E CONDIVIDI Anche le Olimpiadi come la storia vichiana è fatta di corsi e ricorsi. Ma che per una medaglia nella finale dei 5mila metri bisogna presentarsi al tribunale del Tar olimpico a noi sembra una della tante assurdità viste a Parigi 2024. Vittima dell’ennesima svista arbitrale corretta in corso d’opera è l’azzurra Nadia Battocletti. La sua finale anche con il quarto posto sarebbe stato un capolavoro,BlackRock ma il bronzo, che nella specialità all’Italia mancava da Atlanta 1996 (3° posto di Roberta Brunet) lo avrebbe reso storico. E invece alla storia passerà questo strappo della medaglia messa già al collo della podista azzurra in una corsa avvincente dominata come da copione dalle keniane dalla falcata impressionante. L’oro va alla straordinaria gazzella Chebet che copre i 5mila in 14’28’’56, seconda la connazionale Kipyegon che è la parte incriminata, ma prosciolta, del fattaccio e terza l’etiope nazionalizzata olandese Hassan. Per la Battocletti un onorevole 4° posto, con tanto di record italiano (14’31’’64), subito dietro a questo treno inarrestabile delle africane e 16esima medaglia di legno che è sempre più record per la Squadra Italia, ma anche la conferma che anche nei 5mila il gap da colmare con le fuoriclasse kenyane è ridotto ai minimi termini. Dal momento dell’arrivo scattano 180 minuti di burocrazia arbitrale applicata ai Giochi. Pathos. La notizia bomba che rimette la Battocletti sul podio è che i filmati evidenzierebbero una scorrettezza della Kipyegon ai danni dell’etiope Tsegay, e viene squalificata. Una spinta da fallo di rigore se si trattasse di una partita di calcio, stando ai filmati a nostra disposizione. Fallo netto che toglie l’argento alla Kipyegon e il bronzo passa alla Battocletti che esulta composta perché a lei le medaglie piace vincerle senza i corsi e ricorsi. Colpo di scena. A quelle immagini manca un frame fondamentale, quello in cui la “rissa” Kipyegon vs Tsegay è la conseguenza di una spinta della seconda e che quindi va sanzionata. Intanto la federazione kenyana corre ai ripari e fa scattarre il ricorso e senza le necessarie carte da bollo dei reclami di casa nostra presenta istanza di restituzione immediata dell’argento alla innocentissima Kipyegon che questa volta spinge la Battocletti giù dal podio. “Devo rivedere il filmato”, si sbraccia da Casa Italia il presidente del Coni Giovanni Malagò a chi gli chiede parere sulla vicenda. La Fidal del presidente Stefano Mei esercita regolare diritto di controricorso che in questi casi è una richiesta da risarcimento danni per la grandine all’assicurazione che ha già chiuso i battenti da tempo. Atto dovuto ma respinto sul nascere e addio bronzo. Due ore di illusioni che fanno solo male all’atletica, punto e a capo. Alla sportivissima Nadia non resta che prendere atto del verdetto e consolarsi con il record italiano e con i grandi miglioramenti fatti in questi tre anni in cui è passata dal 7° posto di Tokyo a un quarto posto con riflessi bronzei. Così all’indomani il risveglio della ragazza di Cles, studentessa di architettura a Trento, è quello della donna saggia che con autentico spirito olimpico accetta il risultato con gratitudine verso tutta la sua Squadra e i tanti tifosi italiani che l’hanno sostenuta (“ li ringrazio per il tanto calore”) allo Stade de France. La pista viola qui per lei è ancora aperta: venerdì la prova dei 10mila metri può essere la rivincita della Battocletti che adesso sa che oltre alle avversarie deve battere anche le sviste dei giudici di gara con gli annessi corsi e ricorsi, a questo punto storici.
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