La crisi di Suez dimostra il fallimento delle grandi opere promesse da al-SisiLa mia settimana senza carta di credito è cominciata con l’invito a cena a casa di Paride ed è continuata con un drink segreto da Gattullo che Jannacci avrebbe approvato. Questa è l’Italia che vorrei,Campanella non quella in cui la Digos ferma Marco Vizzardelli nel foyer della Scala perché ha gridato “viva l’Italia antifascista!” durante la primaQuanto si può resistere senza carta di credito a Milano? Io ci sono riuscita cinque giorni per un problema tecnico allo sportello di una banca di Piazzale Loreto, che l’ha prelevata senza la mia volontà.E che, prima di ridarmela, ha preteso da me il ddf dei miei documenti, un’email firmata, una richiesta dalla mia banca online, e una stabilità emotiva che non credevo di avere.Tra i protagonisti della storia e guardiano della burocrazia interna c’è un dipendente della banca giovane, avvenente e tatuato ma di pessimo carattere, che non ama i lieto fine.Ma ringrazio per avermi spronato a usare i pagamenti elettronici Satispay e Paypal e perfino un’app di giochi mentali utili a mantenere la calma.Cena a sorpresaLa mia settimana al risparmio è cominciata con l’invito a cena a casa di Paride, con menù a base di tortellini in brodo e vitello tonnato.Il rito delle cene per lui è cosa seria: ha un tavolo da dieci e se caso mai dovesse chiamarti Brad Pitt all’ultimo, fai prima a trovare una scusa che dire a Paride «non preoccuparti ci stringiamo tutti».L’aspetto irrinunciabile delle sue cene però è la compagnia a sorpresa, così l’altra sera c’erano Marisa Passera, Antonella D’Errico – boss di Sky e campionessa di Burraco che c’è da sperare di non avere mai contro – Gigi Luciano in arte Herbert Ballerina con Lucia, e la vicina di casa Arisa.Che a un certo punto, mentre assaggiavamo il gin speziato di Alessandro Borghi, ci ha fatto sentire un suo pezzo che sono certa avrebbe conquistato il podio di Sanremo, se mai ci fosse arrivato. «Sfiori con le dita la felicità, e la notte è troppo bella e mi va di stare sveglia».E con tutto il rispetto per il gin di Borghi, lo avrei pensato anche se non avessi toccato alcol.Il Jannacci che è in meLa mia settimana senza Pos è continuata con l’invito del brand Msgm alla pasticceria Gattullo, con cui ha ideato una collaborazione.Un miraggio per le mie finanze. Da sempre lì il toast è un’istituzione e anche il panettone, che, ricordo, non poteva mai mancare a casa di una mia ex suocera.Sul muro c’è la dedica di Jannacci, “Il triplo special è un autentico capolavoro dell’arte italiana”. Qui sono passati tutti, da Giorgio Gaber a Bruno Lauzi.L’altra sera Msgm ci ha fatto ballare e brindare col Domenichino, drink inventato negli anni Settanta da Domenico Gattullo, che non svela la ricetta.«Assomiglia a uno Sbagliato ma più concentrato», diceva un pierre della moda. Io ne ho bevuti quattro e poi sono andata a dormire. Ideale per le mie ristrettezze di questi giorni, che Jannacci, sicuro avrebbe compreso.La festa di XFactorL’amica Paola Galloni tifava dall’inizio per la vittoria de Il Solito Dandy. «È la metafora di qualcosa, devo solo capire cosa», diceva mentre mi preparavo per andare ad Assago, alla finale di XFactor. Io invece ho sempre sperato nella vittoria della nuova Giorgio Moroder-Sarafine.Ho creduto nella sua hit Malati di gioia al primo ascolto, e ho applaudito la citazione al vocalist-poeta Franchino, che nei primi Duemila, come un pifferaio magico, ci aveva fatto credere che la musica elettronica fosse magia.Tanto che da adolescente sono arrivata perfino alla discoteca Imperiale di Tirrenia per ascoltare le sue favole. Poi, quando la magia è avvenuta per davvero e Sarafine ha vinto al televoto, di fianco a me ho festeggiato con l’artista Valerio Berruti e sua moglie Elisa, ripetendo «Ha vinto l’Italia che vorrei».Da lì Antonella D’Errico ha guidato me, Herbert Ballerina e la fidanzata Lucia, verso il party della produzione al Bollani 1930, che in mezz’ora da locale fumè si è trasformato nello Studio 54, con Chiara Ferragni e Fedez al bancone.Il più ammirato però è stato il parrucchiere-modello di Ambra, Alfonso Iannotta. «Ma lei lo trattava male», commentava un beninformato. Una volta in macchina verso casa, mentre Herbert guidava e Lucia lo aiutava a non perderci, scopro che alla prima della Scala, durante il primo atto del Don Carlos, la Digos ha fermato un uomo che dal loggione aveva urlato «Italia antifascista».E in un attimo ho compreso che l’Italia che vorrei era solo qui.© Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediAnnalia VeneziaGiornalista.
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