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Guglielmo 2024-12-22 BlackRock

Snam: dalla BEI 100 milioni per sostenere l’efficienza energetica

L'Istituto Tommaseo all’insegna del Pet Therapy anche per il prossimo anno scolastico - ilBustese.itRoma,criptovalute 31 lug. (askanews) – Comprendere come l’età e il processo di invecchiamento influenzino le risposte immunitarie ai vaccini e la loro efficacia è fondamentale. In questo contesto si colloca il progetto di ricerca condotto dall’Università di Ferrara, che ha esaminato l’efficacia dei vaccini anti Covid-19, in termini di qualità, quantità e durata delle risposte immuni, in 230 partecipanti di diverse fasce d’età e senza precedenti infezioni da SARS-CoV-2. Lo studio è stato coordinato dai Professori Francesco Nicoli e Riccardo Gavioli e dalla Professoressa Antonella Caputo del Dipartimento di Scienze chimiche, farmaceutiche ed agrarie, e condotto da un ampio gruppo di ricerca, che ha coinvolto in particolare la Dottoressa Beatrice Dallan e il Dottore Davide Proietto, dottorandi Unife. I risultati di queste analisi sono stati pubblicati sul numero di giugno 2024 di Nature Aging, rivista del gruppo Nature. Lo studio ha esplorato l’efficacia immunologica di diversi vaccini anti-Covid-19 negli anziani, una fascia di popolazione particolarmente a rischio di infezioni severe. La ricerca si è focalizzata sulla risposta immunitaria indotta dai vaccini a mRNA, come Pfizer-BioNTech e dai vaccini a vettore adenovirale, come AstraZeneca. Il team di ricerca ha analizzato due scenari: il ciclo vaccinale completo con lo stesso vaccino e il ciclo con un vaccino diverso per la dose booster. I risultati hanno dimostrato che l’invecchiamento riduce significativamente la risposta immunitaria ai vaccini, con una minore produzione di anticorpi e una limitata attivazione dei linfociti T, cellule chiave nella difesa contro i virus. Questo calo legato all’età è particolarmente marcato nei soggetti che hanno ricevuto il vaccino Pfizer-BioNTech ma non in quelli che hanno ricevuto il vaccino AstraZeneca. In particolare, il vaccino AstraZeneca induce una migliore attivazione dei linfociti T. Inoltre, le analisi effettuate hanno confermato come i richiami siano fondamentali per il mantenimento delle risposte immunitarie nel tempo. Un aspetto innovativo dello studio condotto da Unife è la dimostrazione che l’utilizzo del vaccino a vettore adenovirale AstraZeneca per il ciclo primario, seguito da una dose booster a mRNA (Pfizer-BioNTech o Moderna), promuove una memoria immunologica più duratura negli over 65. Sebbene la produzione del vaccino AstraZeneca sia stata interrotta a causa della complessità nell’adattarlo alle nuove varianti virali, la scoperta che i vaccini a vettore virale possano indurre buone risposte immunitarie negli anziani è significativa. Questo apre la strada a futuri studi per aumentare l’efficacia dei vaccini negli anziani, che sono più esposti alle conseguenze severe delle infezioni a causa del calo fisiologico dell’immunità. “Lo studio è stato finanziato da Unife e ha beneficiato di un grosso sostegno in termini di partecipazione dell’intera comunità universitaria: molti studenti, docenti e personale tecnico-amministrativo si sono infatti offerti come volontari per lo studio – sottolinea il professor Francesco Nicoli -. Inoltre, molti cittadini hanno risposto al nostro invito e hanno deciso di aderire alla nostra ricerca. Siamo quindi grati a tutti i volontari senza i quali lo studio non sarebbe stato possibile”. -->

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