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Muore a 30 anni per colpa della malattia: "Animo gentile e solare"

Incendiate 7 auto e 2 abitazioni nel Salento: si cerca collegamento tra gli episodiCare lettrici,VOL cari lettori La settimana appena trascorsa è stata caratterizzata da uno scontro al calor bianco tra la premier Giorgia Meloni e la magistratura. Al centro l’ordinanza del tribunale di Catania che non ha convalidato il trattenimento di un migrante tunisino in un cpr anche se non poteva pagare i 5000 euro di cauzione, con disapplicazione del decreto delegato del governo perchè contrario alle norme europee. Lo scontro ha visto in campo sia l’Anm che il Csm, con una spaccatura però in quest’ultimo. Troverete un approfondimento specifico nella newsletter. Il professore di Diritto processuale penale Glauco Giostra è intervenuto con un commento sulla polemica sollevata dallo scontro tra governo e magistratura. In tema di carcere, invece, interviene l’avvocata romana Maria Brucale, che spiega il cortocircuito generato dalla legge del 2022 in materia di 41 bis, che di fatto impedisce qualsiasi rieducazione al condannato. Sempre sul fronte dei commenti, la presidente di Unicost Rossella Marro analizza l'andamento delle riforme della giustizia necessarie per il Pnrr e ricorda alla politica che non può disimpegnarsi, attribuendo "funzioni salvifiche" alle toghe. Le parole di Meloni Per provare a ricostruire quanto accaduto, è utile partire dalla vicenda: il tribunale di Catania, sezione immigrazione, non ha convalidato il trattenimento di un migrante nel cpr, anche se l’uomo non aveva pagato la “cauzione” da 5000 euro prevista dall’ultimo decreto delegato del governo, disapplicandola in virtù di norme europee. A commentare la notizia è intervenuta, via Facebook, la premier Giorgia Meloni, che ha scritto: «Sono rimasta basita di fronte alla sentenza del giudice di Catania, che con motivazioni incredibili ("le caratteristiche fisiche del migrante, che i cercatori d'oro in Tunisia considerano favorevoli allo svolgimento della loro attività") rimette in libertà un immigrato illegale, già destinatario di un provvedimento di espulsione, dichiarando unilateralmente la Tunisia Paese non sicuro (compito che non spetta alla magistratura) e scagliandosi contro i provvedimenti di un governo democraticamente eletto». Immediata è stata la reazione dell’Anm, ma dopo la via aperta da Meloni sono intervenuti altri importanti esponenti del governo, aggiungendo un tassello alla vicenda: utilizzando un’inchiesta del Giornale, che ha scandagliato il profilo Facebook (poi chiuso) della magistrata e del marito, sono state sollevate illazioni sul fatto che la giudice abbia emesso una sentenza politica a causa del suo orientamento a favore dei migranti, emerso dalla condivisione nel 2018 di link a favore della Open Arms e contro Matteo Salvini. La diretta interessata, Iolanda Apostolico, magistrata non iscritta a gruppi associativi, ha scelto di rimanere fuori dalla polemica, limitandosi a commentare che «il mio provvedimento è impugnabile con ricorso per Cassazione. Non devo difenderlo, non rientra nei miei compiti. Non si deve trasformare una questione giuridica in una vicenda personale».Il ministro Nordio ha tentato di ridimensionare lo scontro: «Abbiamo esaminato il provvedimento con attenzione e trovato criticità soprattutto nell'interpretazione di alcune norme. Il ministero dell'Interno proporrà il ricorso alla Cassazione, ma si tratta di un ricorso tecnico che non mette in discussione l'autonomia della magistratura». Tuttavia, la vicenda interroga su vari piani: si è riaperto lo scontro aperto tra politica e magistratura proprio con un via libera della premier, ma emerge anche il tema dell’utilizzo dei social network, della libertà di espressione e dell’imparzialità dei magistrati. La spaccatura al Csm Sulla questione è intervenuto anche il Csm, spaccandosi.  La richiesta all’ufficio di presidenza del Consiglio di aprire una pratica a tutela della giudice, infatti, è stata firmata da tutti e 13 i togati di Area, Magistratura democratica, Unicost e i due indipendenti Roberto Fontana e Andrea Mirenda. Nel testo (che si trova per intero al link dell’articolo) si legge che le dichiarazioni di Meloni «in modi e contenuti, si traducono in autentici attacchi all’autonomia della magistratura» e mettono «in discussione la funzione stessa della giurisdizione in uno Stato di diritto». É questo, prima ancora che il passaggio in difesa della collega vittima di «grave delegittimazione professionale» e di «indebiti attacchi mediatici», il punto più duro della nota. I sette togati di Magistratura indipendente, la corrente conservatrice, hanno invece deciso di non sottoscriverla. L’attacco frontale scagliato da Meloni contro le toghe ha riaperto antiche polemiche e i togati speravano di poter dare una risposta unitaria ma Mi, dopo una notte di riflessione, ha deciso di sfilarsi. «Non credo che mancasse la condivisione sulle ragioni dell’iniziativa, ma ha prevalso una valutazione di strategia interna», è l’analisi di una fonte togata. Un’altro firmatario conferma il convincimento: «Hanno avuto un lungo travaglio interno, li ha condizionati il rapporto con i laici di centrodestra». I consiglieri di Magistratura Indipendente hanno risposto con una nota, per spiegare le ragioni della loro mancata firma. Hanno ritenuto di non intervenire «per non alimentare ulteriormente la dannosa contrapposizione tra istituzioni democratiche in atto, fermo restando il doveroso rispetto delle decisioni giurisdizionali e l'auspicio che la legittima critica degli stessi abbia a oggetto il loro contenuto. La militanza politica non ci appartiene». Successivamente sono intervenuti anche i vertici del gruppo con una nota in cui hanno manifestato «Dispiacere» per le «accese critiche da parte di esponenti politici nei confronti di un provvedimento giurisdizionale diffusamente motivato». Ma «il magistrato deve sia essere che apparire indipendente dalla politica e siamo disponibili a interrogarci su come questo dovere debba essere declinato nell’era dei social network». Sul tema ho intervistato Enrico Costa, deputato di Azione e sempre attento alle questioni di giustizia, che in questo caso ha condiviso l’iniziativa della pratica a tutela al Csm. Il video di Salvini L’ultimo capitolo della vicenda è stato aggiunto da Matteo Salvini, che ha condiviso sui suoi social un video del 25 agosto 2018 a Catania durante una manifestazione per chiedere lo sbarco degli immigrati dalla nave Diciotti, tra cui si intravederebbe anche la magistrata che ha firmato l’ordinanza di non trattenimento. «Inviterei a valutare la terzietà dei giudici sulla base dei provvedimenti che vengono assunti e delle motivazione poste alla base, e a non fare invece lo screening al passato, alla vita privata di un magistrato. Altrimenti la compressione dei diritti di un magistrato diventa impossibile da reggere», ha detto il presidente dell'Anm Giuseppe Santalucia. Nel corso della giornata di oggi, tuttavia, la polemica si è spostata sulla provenienza del video: filmato da dietro il cordone delle forze dell'ordine e mai visto prima, è stato ipotizzato che provenga dalla Digos e dunque è sorto l'interrogativo su dove Salvini lo abbia preso. L'opposizione ha anticipato che promuoverà una interrogazione al Viminale e Angelo Bonelli e Filiberto Zaratti, di Alleanza Verdi e Sinistra hanno presentato denuncia alla procura di Roma, quindi seguiranno accertamenti giudiziari. Processo a De Pasquale e Spadaro Continuano gli strascichi giudiziari dello scontro dentro la procura di Milano intorno alla gestione di Piero Amara. I pm dell’inchiesta Eni-Nigeria, Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro, infatti, sono a processo davanti al tribunale di Brescia per rifiuto di atti d’ufficio, per non aver depositato ai giudici di Milano e e alle difese dei documenti favorevoli agli imputati (il processo si è concluso con l’assoluzione). Il tribunale di Brescia ha ascoltato come teste il pm milanese Paolo Storari, citato dalla procura e al centro dello scontro che ha fatto poi emergere l’esistenza dei verbali della loggia Ungheria e per la cui divulgazione è stato assolto dall’accusa di rivelazione di segreto d’ufficio (ma questa è un’altra storia). In aula, Storari ha detto che «L'atteggiamento era “Eni non ne deve uscire bene, questo processo non si può perdere”. Per me era inaccettabile, io faccio il pm. La difesa aveva il diritto di sapere se i testimoni era stati pagati. Se avessimo detto tutto saremmo usciti magnificamente, invece siamo usciti con le ossa rotte». Quanto ai contrasti con l’ex procuratore capo Francesco Greco e gli aggiunti De Pasquale e Laura Pedio, Storari ha detto che la regione di frizione è stata sul fatto che Storari non voleva divulgare le dichiarazioni rese da Piero Amara che aveva adombrato un presunto avvicinamento da parte dei legali di Eni, Paola Severino e Nerio Diodà, al giudice Marco Tremolada, presidente del collegio che ha trattato il caso Nigeria. «Non volevo fare uscire il verbale. A parer mio non avrebbe dovuto saltar fuori perché si sarebbero infangati sul nulla un ex ministro della giustizia, un avvocato stimatissimo e un presidente di sezione». Invece, «mi sono accorto dalla stampa» che Amara era stato chiamato dai pm in fase di prove aggiuntive per «riferire di presunte interferenze» e far sì che il giudice si astenesse, ma poi non è stato ammesso.  Storari ha aggiunto che «De Pasquale e Spadaro dissero con chiarezza, in riunione con Greco e Pedio, che il giudice Tremolada era troppo appiattito sulle difese e andava fatto astenere». Storari ha raccontato anche dei fastidi in procura per il dipartimento guidato da De Pasquale, di cui facevano parte che Storari e Pedio, «che suscitava un certo malumore perchè si diceva che si occupasse di pochi fascicoli e veniva chiamato il 'dipartimento viaggi-vacanze». La giustizia civile In settimana è stata presentata la ricerca "L'Italia e la sua reputazione: la giustizia civile cinque anni dopo" realizzata da Italiadecide, presieduta da Anna Finocchiaro, in collaborazione con Intesa Sanpaolo. Il rapporto contiene una serie di dati interessanti che qui ho sintetizzato, e il dibattito che lo ha seguito ha aggiunto elementi di riflessione. Il ministro Nordio, infatti, ha detto che «è stato fatto un accordo per la riduzione del 90% dell'arretrato in due o tre anni, potrebbe sembrare un'impresa impossibile: o bisogna rassegnarsi a sforare questo limite, oppure stiamo provando a rivedere l'accordo con l'Europa per ridurre questa percentuale che sembra irrealistica». La prima presidente di Cassazione, Margherita Cassano, è intervenuta sul tema della magistratura onoraria (da tempo alla ricerca di tutele previdenziali e lavorative) ha invece detto che «Mi preoccupa tanto quello che ha detto il ministro Nordio sulla possibile stabilizzazione della magistratura onoraria. Perché per sua formazione la magistratura onoraria ha una prospettiva diversa. Noi abbiamo bisogno di far marciare la magistratura con le sue forze. E queste forze ci sono». L’equo compenso La Lega, con la capogruppo in commissione Giustizia al Senato Erika Stefani, ha presentato un disegno di legge per estendere l'ambito di applicazione della legge sull'equo compenso per i professionisti ai clienti cosiddetti ordinari e non solo, quindi, nei confronti di "grandi aziende, gruppi assicurativi, banche ed enti pubblici".  La convenzione del ministero Da ottobre è stata attivata la convenzione tra il Ministero della giustizia e l’Agenzia delle entrate che consente l’accesso autonomo degli ufficiali giudiziari alle banche dati dell’Agenzia. L’utilità è quella della ricerca telematica di beni con titolo esecutivo da pignorare su richiesta di creditore o da sottoporre a procedura concorsuale da parte del curatore della liquidazione giudiziale. La convenzione introduce la possibilità che siano i creditori a richiedere agli ufficiali giudiziari l’accesso alle banche dati telematiche. Ora gli ufficiali giudiziari possono ricercare i beni da sottoporre a esecuzione, nel rispetto della disciplina del codice della privacy, direttamente dalle banche dati interconnesse, all’interno dell’Anagrafe tributaria, comprensiva dell’archivio dei rapporti tributari. Consiglio di presidenza della giustizia tributaria Il 24 settembre si sono svolte le elezioni per i togati del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria. Il parlamento aveva già eletto i laici Alfonso Bonafede, Giorgio Fiorenza, Carolina Lussana, Alessio Lanzi. I togati eletti dai 2500 magistrati tributari – ancora non pubblici sul sito del Consiglio – sono invece: Raffaele Tuccillo (836 voti), l’ex togato del Csm ed ex parlamentare Cosimo Ferri (832); Giovanni Romano (600); Antonio Sammarro (501); Maria Tiziana Balduini (500); Nicola Graziano (482); Carlo Fucci (465); Luciana Cunicella (455); Giulio Corsini (442); Tammaro Maiello (442); Lanfranco Tenaglia (399) parlamentare per due legislature ed ex consigliere del Csm. Ancora sull’abuso d’ufficio In attesa che il dl Nordio arrivi al voto, il ministro è tornato a parlare del tema dell’abuso d’ufficio, dicendo che «il processo per abuso ufficio è uno dei più inutili, lunghi, costosi che esista. Ha creato la cosiddetta paura della firma, che ha provocato la paralisi dell'amministrazione ritorcendosi questo contro il cittadino»  e «L'abrogazione di questo reato non è improvvisazione è frutto di una meditatissima disamina relativa alle statistiche e ai tentativi precedenti di riformarlo. Come risolvere il vuoto normativo è un falso problema. Noi abbiamo contro la corruzione un arsenale adeguato. Per l'abuso di ufficio c'è già lo strumento amministrativo che ha come effetto l'annullamento dell'atto e il risarcimento». Sul tema è intervenuto anche il procuratore capo di Roma, Francesco Lo Voi, audito in commissione Giustizia al Senato, che ha detto che «Sarei totalmente favorevole all'abrogazione se venisse inserita, così com'era anni fa, la norma sull'interesse privato in atti d'ufficio» perché, quando arriva una denuncia, «un qualche sviluppo investigativo lo devo dare». Sul fatto che si tratti di un reato spia di fattispecie più gravi, ha detto che «Ci può stare in alcuni casi, ma secondo me, è più un reato di fine» e riguarda per lo più attività legate «alla criminalità organizzata».  La proposta di Lo Voi è di creare un elenco tassativo di casi da considerare abuso d’ufficio, invece di eliminare del tutto il reato.  Gli organici della magistratura In commissione Giustizia, il procuratore Capo di Roma Francesco Lo Voi ha offerto un dato interessante: «Non ci sarà un aumento di organico della magistratura nei prossimi 4 anni» e ha definito «drammatica» la situazione soprattutto della magistratura giudicante. «Il vicepresidente del Csm Pinelli ci ha detto di metterci l'anima in pace, perché nei prossimi 4 anni un aumento complessivo del numero dei magistrati non ci sarà: per tanti che ne entreranno altrettanti ne usciranno, non ci sarà alcun aumento dell'organico». Cpr garanti dei detenuti Il portavoce della Conferenza dei Garanti territoriali delle persone private della libertà, Stefano Anastasìa è intervenuto in merito alla creazione dei nuovi cpr, chiedendo alle Regioni di «utilizzare le conoscenze e l'esperienza dei Garanti nella interlocuzione con il Governo nelle materie di competenza», «perché non chiedere ai garanti che già se ne occupano di cosa si tratta, se serve aprirne altri, quanti, dove e come?». Sito Cassazione È online il nuovo sito istituzionale della Corte Suprema di Cassazione. Il nuovo portale ha riorganizzato il contenuto informativo, al fine di ristrutturare i contenuti e facilitare l’attività di ricerca da parte degli utenti, e ad una riprogettazione grafica per migliorare l’esperienza utente e i livelli di accessibilità ed usabilità del sito anche sui dispostivi mobili. Il sito offre un panorama completo su storia, ruolo, funzioni e obiettivi dell’organo di vertice della giurisdizione ordinaria in Italia. Convegno Agi Si è aperto a Lucca il Convegno di AGI – Avvocati Giuslavoristi Italiani –, al Teatro del Giglio sino a sabato. Oltre 700 avvocate e avvocati di tutto il Paese si confrontano con la comunità accademica, la magistratura e i rappresentanti delle Istituzioni, del mondo del lavoro e dell’impresa. Tatiana Biagioni, presidente nazionale AGI, ha detto che «“Valore del Lavoro, diritti e sostenibilità” è il titolo che abbiamo scelto per l’evento nazionale di AGI: un evento a 360° in cui analizzeremo anche le ricadute delle innovazioni tecnologiche, in particolare dell’Intelligenza Artificiale, su lavoratrici, lavoratori, imprese e sullo stesso processo del lavoro». © Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediGiulia Merlo Mi occupo di giustizia e di politica. Vengo dal quotidiano il Dubbio, ho lavorato alla Stampa.it e al Fatto Quotidiano. Prima ho fatto l’avvocato.

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