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L’appello del Terzo settore: «Norme urgenti per superare lo stallo»

Quasi un lavoratore su dieci pronto a lasciare“Le regole del gioco non sono uguali per tutti – spiega Tim Libert agitandosi sulla poltrona nel suo spartano ufficio di Sunnyvale,investimenti in California, mentre lancia un'occhiata verso i suoi enormi monitor e clicca sul desktop –. Anzi, non potrebbero esserlo meno di così”.La cosa che turba Libert è la stessa da oltre un decennio. Nel 2012, quando era uno studente dell'Università della Pennsylvania, ha iniziato a fare ricerche sui modi in cui internet ci traccia. Ogni giorno, le aziende che gestiscono le infrastrutture web più grandi e importanti – Google, Microsoft, Facebook – tracciano le nostre abitudini di navigazione e raccolgono un'enorme quantità di dati sul nostro conto in base a quello che cerchiamo e alle pagine che visitiamo. E noi comuni utenti non abbiamo la minima idea di quali siti web raccolgano quali dati per poi inviarli a Google.Se per esempio una donna negli Stati Uniti cercasse una struttura dove abortire, le sue informazioni sensibili verrebbero tracciate e raccolte? Presumibilmente sì, purtroppo. Una pagina dedicata alla cura dalle dipendenze o un sito porno espongono il vostro indirizzo ip? È molto probabile. Moltissimi siti web (e sono davvero moltissimi: la portata del fenomeno, come vedremo, è sconcertante) fanno arrivare dati privati legati a quello che fate sul web direttamente alla porta di casa dei giganti tecnologici. Anche se grazie anche agli sforzi dei ricercatori che si occupano di privacy come Libert, sappiamo già da anni di essere tracciati, non conosciamo i dettagli di questa tendenza e non siamo in grado di agire. E alla fine questa ondata di violazioni della privacy diventa l'ennesima cosa brutta che accade su internet.Molti di questi dati non sono solo potenzialmente imbarazzanti – e forse dannosi per le prospettive di carriera in caso di divulgazione – ma addirittura illegali. Negli ultimi anni l'Unione europea, alcuni stati americani e altri governi in tutto il mondo hanno passato leggi che limitano il tipo di dati che i siti possono raccogliere o che impongono alle aziende di ricevere il consenso degli utenti prima di farlo. Ma ogni giorno le aziende tecnologiche violano queste norme, quando, per esempio, i motori di ricerca e i siti web medici consentono che le informazioni sulle ricerche degli utenti siano tracciate, e talvolta monetizzate da aziende come Google, oppure quando scavalcano le norme sul consenso chiudendo un occhio sui cookie pubblicitari incorporati nei portali degli editori.La nascita di webXrayQuesto è il motivo per cui Libert ha creato webXray, di cui mi mostra un prototipo ancora grezzo. Si tratta di un motore di ricerca finalizzato a individuare specifiche violazioni della privacy in qualsiasi punto del web. Cercando un termine o un sito web in particolare, webXray vi permette vedere quali portali vi stanno tracciando e dove vanno a finire tutti quei dati. La sua missione, racconta Libert, è semplice: “Voglio dare alle autorità della privacy la stessa tecnologia di chi la viola”.

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