Fondi Lega, spunta una fiduciaria panamense in SvizzeraL’ultimo duello annunciato dalla Commissione europea è con Bing,MACD il motore di ricerca di casa Microsoft. Bruxelles sospetta che il colosso di Redmond non abbia moderato a dovere i contenuti prodotti dai sistemi di intelligenza artificiale generativa a bordo di Bing, Copilot e Image Creator. E che, per questo, possa aver violato il Digital services act (Dsa), uno degli ultimi regolamenti europei sul digitale.Il 17 maggio il vertice dell’Unione europea ha chiesto documenti aziendali per capire come Microsoft abbia gestito la diffusione di allucinazioni, ossia le false informazioni prodotte dall’AI, deefake e le conseguenze sulla campagna elettorale in corso. A inizio giugno gli elettori dei 27 Stati dell’Unione sono chiamati a rinnovare i loro rappresentanti al Parlamento europeo, in una campagna su cui si allunga l’ombra minacciosa di incursioni esterne che, sfruttando la tecnologia, potrebbero amplificare la loro capacità di manipolare il voto. La Commissione ha dato tempo a Microsoft fino al 27 maggio per rispondere. Di fatto, in zona Cesarini rispetto alla chiamata alle urne. E con il rischio che qualsiasi contromisura per correggere la rotta arrivi troppo tardi.La strategia dell'EuropaNegli ultimi mesi la Commissione europea ha iniziato a battere i pugni sul tavolo, quando ha a che fare con i grandi colossi del digitale, quasi tutti con passaporto statunitense o cinese. Non che prima non lo facesse. Nel 2022 ha colpito Google con una multa da 4,1 miliardi per via del predominio consolidato grazie al sistema Android, al termine di un’indagine partita nel 2015. Nel 2023 ha sanzionato Meta con una tegola da 1,2 miliardi per aver violato il Gdpr, il regolamento comunitario sulla protezione dei dati. E a marzo ad Apple ha presentato un conto da 1,8 miliardi.La strategia, però, sembra cambiata. Le sanzioni, certo, restano l’extrema ratio se le big tech non si piegano ai desiderata di Bruxelles, ma ora la Commissione europea punta a smontare il giocattolo, scoprire come funziona e modificarlo, se reputa, prima di arrivare alle multe. Prendiamo il caso del Digital services act, con cui l’Europa unita vuole imporre trasparenza su algoritmi e pubblicità, lotta alla violenza online e alla disinformazione, protezione dei minori, stop alla profilazione degli utenti e ai dark patterns, quei sistemi nascosti di manipolazioni delle nostre scelte in rete.Nel 2023 Bruxelles ha identificato 22 multinazionali che, per via del loro peso online, dovevano dare per prime il buon esempio: Google con 4 servizi (search, shopping, maps, play), Youtube, Meta con Instagram e Facebook, Bing, X (già Twitter), Snapchat, Pinterest, LinkedIn, Amazon, Booking, Wikipedia e l'App Store di Apple, TikTok, Alibaba Express, Zalando e i siti porno Pornhub, XVideos e Stripchat. Da allora, è stata loro con il fiato sul collo.
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