Roma, morto Angelo Nizzo: fu uno storico pr e anima di molte note discotecheNegli intenti del governo,VOL dovrebbe essere il primo passo verso il ritorno al nucleare. Ma il capitolo sull'energia atomica contenuto nell'aggiornamento del Piano nazionale energia e clima (Pniec), il documento programmatico che l'Italia ha inviato nelle scorse ore alla Commissione europea per indicare i suoi impegni per raggiungere gli obiettivi climatici comunitari, è più un esercizio di speculazione. Una bandierina piantata dall'esecutivo sul tema e contesa tra Forza Italia, che esprime il numero uno del ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica (Mase), Gilberto Pichetto Fratin, e il collega ai Trasporti, il leader leghista Matteo Salvini. Perché di fatto, a scorrere il capitolo dedicato al nucleare, non c'è nessuna indicazione concreta di come il governo voglia raggiungere l'obiettivo di ottenere 8 Gigawatt (GW), circa l'11% del fabbisogno nazionale previsto, dall'atomo entro il 2050. Né di come questo scenario, considerato conservativo, possa comportare un risparmio di 17 miliardi di euro rispetto a un investimento concentrato solo sulle rinnovabili.È tutto rimandato al prossimo anno, all'aggiornamento di un altro documento programmatico: la strategia italiana di lungo termine sulla riduzione delle emissioni a effetto serra. Il che la dice lunga della distanza tra i proclami dell'esecutivo e la realtà. Non abbiamo risolto il problema di dove collocare il deposito delle scorie nucleari. Non abbiamo concluso i lavori di smantellamento delle centrali chiuse dopo il referendum contro l'atomo del 1987. E non abbiamo neanche un piano sul da farsi.I numeri del ministeroPer il Mase, il ritorno al nucleare è necessario per compensare la produzione di energia da fonti rinnovabili, che non si può programmare, e risparmiare sui sistemi di accumulo necessari ad alimentare il fabbisogno nazionale quando un pannello fotovoltaico non riceve luce dal sole o una turbina eolica non è spinta dal vento. In questo scenario 2050 il nucleare, insomma, fornirebbe uno zoccolo duro di energia, affiancando le rinnovabili. Uno scenario riconosciuto anche dall'Agenzia internazionale per l'energia (Aie), un organismo internazionale di analisi del settore, che tuttavia, nelle sue previsioni a zero emissioni al 2050, immagina un contributo mondiale del nucleare pari al 10%. Nel Pniec italiano si prospetta di arrivare all'11% sfruttando metà della capacità installabile (senza dire a quanto ammonti, però), mentre nello scenario più entusiasta, quello a piena capacità, si vaticina un contributo del 22%. Quasi un quinto della produzione nazionale.Ma attenzione. Quando l'Aie raccomanda il da farsi sul nucleare, mette in guardia da facili equazioni. Primo: sebbene siano le economie più avanzate a detenere il 70% della potenza energetica dall'atomo a livello mondiale, i nuovi progetti galoppano in paesi orientali. Russia e Cina in testa. Secondo: per l'Agenzia, “estendere la durata delle centrali nucleari è una parte indispensabile”. Circa 260 GW, o il 63% della potenza installata delle centrali nucleari attuali, hanno più di 30 anni e sono prossimi alla pensione delle licenze operative. Entro il 2030 si potrebbe assistere a una diminuzione del 10% della produzione, se non si interviene con una estensione. Un'operazione che l'Italia, però, non può fare. Perché le sue centrali sono chiuse da 30 anni. Nel caso in cui non si possano estendere le attività dei vecchi impianti, lo scenario dell'Aie riduce al 3% il contributo del nucleare. Molto al di sotto dei traguardi che ha fissato l'Italia.
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