Irene Dianda, Autore a Notizie.itErano accusati di gravi inadempienze per la mancata sicurezza della missione in Repubblica del Congo dove sono morti l’ambasciatore e la sua scorta. Il padre: «È una vergogna,MACD l’Italia dimostra la sua debolezza»L’esito si preannunciava scontato e non ci sono state sorprese. Si attendeva di sapere se la giudice per l’udienza preliminare di Roma, Marisa Mosetti, avrebbe accolto la richiesta di immunità per Rocco Leone e Mansour Rwagaza, dirigenti del Pam (Programma alimentare mondiale) accusati di gravi inadempienze nella predisposizione della missione del 22 febbraio 2021 nella quale il nostro ambasciatore Luca Attanasio e il carabiniere di scorta Vittorio Iacovacci, assieme all’autista congolese Mustapha Milambo, trovarono la morte in Congo o se, come speravano la famiglia, i legali e tanti tra chi segue la vicenda, i due funzionari sarebbero stati regolarmente processati.La giudice ha deciso per il non luogo a procedere per “difetto di giurisdizione”. La cosiddetta immunità funzionale, quindi, è stata riconosciuta e con essa l’impossibilità di chiamare alla sbarra Leone e Rwagaza (quest’ultimo, peraltro, irreperibile sebbene, a quanto risulta, tuttora in servizio in un organismo Onu). Il procuratore aggiunto Sergio Colaiocco, titolare del fascicolo, ha annunciato che farà ricorso in Cassazione.Senza risultatoDopo il processo ai presunti esecutori dell’agguato conclusosi presso la procura militare di Kinshasa lo scorso aprile con la condanna all’ergastolo passato agli atti tra molte più perplessità che certezze, quindi, si chiude con questa udienza, la sesta, un nuovo procedimento attorno al caso Attanasio senza un vero risultato.Leone e Rwagaza, riconosciuti colpevoli di “omesse cautele” oltre che dalla procura di Roma che li ha rinviati a giudizio un anno fa, anche dagli inquirenti dell’indagine interna dell’Onu, non saranno neanche processati. E questo nonostante sia stato provato che nell’organizzazione della missione che avrebbe dovuto portare Attanasio da Goma a Rusthuru per un’ispezione a un progetto Pam finanziato dall’Italia i due avrebbero «attestato il falso» e «omesso per negligenza ogni cautela idonea a tutelare l’integrità fisica dei partecipanti e di informare cinque giorni prima del viaggio la missione di pace Monusco preposta alla sicurezza e alla predisposizione di scorta armata e veicoli corazzati».Leone e Rwagaza, si legge nelle carte, hanno presentato la richiesta di autorizzazione solo 12 ore prima della partenza e non 72 come da protocollo del dipartimento di sicurezza Onu e, per ottenere ugualmente il permesso, hanno falsificato i verbali e fatto comparire i nomi di due dipendenti dell’organismo Onu al posto di quelli di Attanasio e Iacovacci. In altre parole se i nostri due connazionali hanno viaggiato a bordo di veicoli senza blindatura e senza scorta, su una delle strade più pericolose del continente, lo si deve senza alcun dubbio a loro due.«Una debolezza dell’Italia»Sull’esito del processo pesa molto la scelta dello stato italiano di non costituirsi parte civile. Ci si aspettava poi almeno un pronunciamento forte da parte di Stefano Zanini, capo servizio per gli affari giuridici, del contenzioso diplomatico e dei trattati, e della consigliera Valentina Savastano, chiamati come teste in rappresentanza della Farnesina da Colaiocco nella precedente udienza per chiarimenti riguardo l’immunità invocata dall’organismo dell’Onu, ma i due hanno sostanzialmente avallato le richieste Pam.«C’è grandissima amarezza – dichiara a Domani Salvatore Attanasio, il padre di Luca – la giustizia ha perso un’occasione per dimostrare indipendenza. Salvo solamente il procuratore Colaiocco che almeno si è dimostrato coerente. Per il resto, il fatto che lo stato non si sia voluto costituire parte civile e che i rappresentanti della Farnesina abbiano sostanzialmente avallato l’immunità, dimostra che su Luca e su Vittorio si sia consumata una clamorosa vergogna».«Alti rappresentanti del nostro paese per i quali non si compiono sforzi verso la verità e la giustizia: è la dimostrazione di una grossa debolezza dell’Italia. Noi non ci fermeremo, attendiamo il secondo filone del processo aperto dalla Procura di Roma (quello che indaga su esecutori e mandanti, ndr) nella speranza che almeno lì si arrivi alla verità».© Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediLuca AttanasioGiornalista, scrittore, collabora con La Stampa, Atlante (Treccani), Confronti, Agenzia Fides. Esperto di fenomeni migratori, geopolitica, Paesi dell’area Mena e Africa Subsahariana; Vaticanismo. Ha pubblicato vari testi, tra gli ultimi Se questa è una donna, Robin Edizioni, 2014; Libera Resistenza, Mincione Edizioni, marzo 2017; Il Bagaglio. Storie e numeri del fenomeno dei migranti minori non accompagnati (seconda edizione con contributo di Roberto Saviano), Albeggi Edizioni, settembre 2018. La sua pagina:lucaattanasio.com
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